colony

For ants, both an individual ant and an ant colony can be regarded as the ‘individual’ when considering competition, although ultimately the process of competition acts at the population level (the colony). Intraspecific competition can be especially intense given that often colonies must search for the same resources within a limited shared locality. Outcomes of intraspecific competition include prevention of colony foundation, reduced colony size and production of reproductive alates, nest overdispersion, and reallocation of castes in responce to new conspecific neighbours.

L. Lach, C. L. Parr, K. L. Abbott, Ant Ecology, Oxford University Press, 2010

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tornano dalla miniera, da soli, non tornano proprio dalla miniera, a due a due, o in gruppo, a volte tornano da un lavoro più convenzionale, ne esperiscono il quotidiano, sperimentano anzi la creazione del proprio vissuto verificando una data, un parametro, un passo alla volta. mentre si muovono per strada assomigliano alla cute che si arriccia, si incera, determina anni e rughe, solchi, montagne, mappature, planimetrie del tempo appena passato. dove entrano, sanno di distruggere, o di costruire.

tre di lato, due davanti. “questa sì, quella no”, ma è proprio oggi che si trovano ad appassire, nella maschera. così, procedono in fila. “e chi l’avrebbe mai detto, ma ti ricordi quello che è successo a quell’ora, lo stesso giorno”, e sì, tutti si ricordano, o se a tornare è uno solo si ricorda, dice, fra sé e sé, “quel giorno”. nel numero potrebbero trovare un condiviso. viene il mio, e dopo il tuo”, non c’è nessuno che si annoia. quanto sarebbe venuto dopo, “e che vuol dire”, non lo sanno. del resto, perché dovrebbero.

“ma dove vanno”, si chiedono: “questo è”. indietreggiano di dieci metri. i loro spostamenti sono tracciati con crescente precisione da un sistema di posizionamento che dice esattamente il come, il dove, il quando dei loro passi, senza prevedere alcuna deviazione. i loro percorsi vengono costantemente anticipati, arretrati a se stessi, apparentemente senza limiti, e loro, continui, si sviluppano in fermate, mentre portano un cerino, in cinque, nell’estate. li vedi, speciali.

prima in avanti, poi a ritroso, di nuovo. “potevano darci più attenzione”, a tratti, dicevano, “troviamo un sistema di far tornare la luce solare, scaldare l’ambiente un po’ di più”. come si compone il tutto davanti a loro questo proprio non li sfiora. monitorano il calore globale, i concentratori, i pannelli della centrale. tentano il formicaio con un dito, senza consapevolezza, minando l’integrità della casa, le guarnizioni degli infissi, la chiusura a ventaglio delle finestre. muovendosi, cercando di fare ponte.

per la profondità delle intercapedini, stondati i margini delle costruzioni, nei loro bordi forse una volta spigolosi, si accorgono di come una briciola segua l’altra nell’infittitoio delle condotte: i loro movimenti inermi, da prede, revisionano itinerari diametrali, disposti in adiacenza gli uni agli altri per la stessa longitudine. percepiscono il fastidio, si sentono equivocati. alzando i contenitori ravvisano una sequenza di moti circolari, in sezioni, perfettamente sincronici, atti a parzializzare la luce.

“non può accadere, questo”. vengono adoperati stracci, spugne, a disorientare quelle antenne rivolte verso un qualsiasi punto della stanza, alcune nei pressi di un termosifone, altre in prossimità della porta, come a voler cercare una via d’uscita, un percorso a ritroso. trovando un posto, uno scalino alla volta. non potevano immaginare altro che la cautela di una superficie piana, un invito, la proposta a rimanere dov’erano. “non ci muoveremo più. promesso”.