“A pale blue dot”: punti blu, riverberi e lontananze.

L’immagine di copertina dell’articolo (qui1, nella sua versione rivisitata; altrove, nel logo e nell’articolo, in colorazione originale) fa parte di una serie di scatti dei pianeti del sistema solare realizzata nel 1990 dalla sonda spaziale Voyager 12 . La foto ritrae la Terra a una distanza di circa 6 miliardi di chilometri: circa un pixel di grandezza, alla risoluzione originale.

Trentaquattro minuti dopo questo scatto, alle 6.483 del 14 febbraio, le videocamere della sonda Voyager 1 verranno spente per sempre. Anche il software che permette di azionare la strumentazione fotografica da terra verrà disinstallato dalla sonda: un disinnesco utile a prolungare l’operatività di un veicolo che, sulla base delle ultime stime, cesserà definitivamente di comunicare con il nostro pianeta intorno al 2025.

Voyager 1, partito da Cape Canaveral il 5 settembre 1977, è ad oggi l’oggetto costruito da mani umane più lontano dalla nostra posizione relativa: o almeno, questo è quello che sappiamo. A questo link si trova lo status del veicolo, la sua distanza relativa, l’interattiva malinconia del suo inesorabile (e tridimensionale) allontanarsi da noi. Non senza uno scopo, comunque.

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“Family Portraits”: osservazioni da uno spazio comune.

I “Family Portraits”, un vero e proprio album di “ritratti di famiglia” di cui questa foto fa parte, sono l’unico tentativo mai compiuto di fotografare il nostro sistema solare dalla distanza. “A pale blue dot” è l’ultimo di questi tentativi.

Sarebbe relativamente semplice presentare quest’iniziativa di scrittura sul web come uno spazio di differenza, o residualità. Si tratta di categorie interpretative per le quali già possediamo sovrabbondante casistica: iniziative, posizioni editoriali, posture di lavoro. In questo scenario, BLUNDER non aggiunge nulla: la residualità, d’altra parte, è questione di incidenti, siano essi più o meno di percorso.

Altrettanto semplificante sarebbe notare come il concetto di “diversità” si accompagni, necessariamente, a quello di “norma”, e che la “differenza” produce per forza di cose “sottrazione”, e non solo in matematica. A questo riguardo, per esempio, la poesia contemporanea viene spesso descritta come un oggetto decentrato e anomalo, quantum satis: inevitabilmente fuori, per società e mercati. Sottrazione da cosa e per cosa, verrebbe da chiedersi, quindi.

“Ritratti” di famiglia, dunque, nel senso della ritrazione: scritture in ritirata dalla loro funzione prevista. Contemporaneamente, né norma, né sottrazione; e ancora, non ricognizioni, apparentamenti, mappe, ma osservazioni da (e per) uno spazio comune, condiviso. Inevitabilmente, per fortuna.

"A pale blue dot", nella sua colorazione originale.
Questa immagine ingrandita della Terra è stata scattata attraverso tre filtri colorati – viola, blu e verde – e ricombinata per produrre l’immagine a colori. Le caratteristiche dello sfondo nell’immagine sono artefatti risultanti dall’ingrandimento.

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A catalog of personal faults

Blunder è un termine la cui etimologia ha una tradizione consolidata nella pratica scacchistica: spesso portatore di un epilogo inatteso, è preceduto da una subitanea dissociazione fra “prassi” ed “episodio”: un clic di convergenze mentali in cui l’opzione (cioè la mossa) più apparente, più convenzionale è immediatamente seguita dal disastro, dalla messa in crisi, da uno svantaggio acquisito molto spesso irrecuperabile.

Alla sua realizzazione si alternano stupore, meraviglia, spesso seguiti dall’introiezione di un disgusto che appare quasi insopprimibile. Il momento occupato dalla svista, tuttavia, continua a permanere anche dopo il ribaltamento di fronte, il recupero inaspettato. BLUNDER vuole ripartire da questo “svantaggio” acquisito dalla scrittura e dalla poesia, renderlo problematico e allo stesso tempo proteggerlo, scavandoci attorno un fossato, senza per questo divenire attività editoriale o pubblicare a cadenze regolari.

BLUNDER è uno spazio senza luogo, e viceversa: un territorio segnaposto, minuscolo (e molto spesso solo “in minuscolo”), un lorem ipsum di poesia, osservazioni e scritture più o meno convenzionali sperso nell’eliopausa del web. Una sequenza forzata e urgente di azioni che non può più portare a un esito predeterminato, ma che pure esiste, e saluta da lontano.

Un riverbero, anche se non per forza di luce. Un veicolo, una traiettoria, una ricerca di reciprocità per trasmissione e ricezione di segnali: parole in transito, senza esclusione di colpi.

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TL, DR: Too Long, Didn’t Read > Sommario

BLUNDER, come direbbero su Reddit, vive di: web 1.0, AI, esplorazioni sonore, spazi aperti, asemic writing, abandonware, verbovisivo, immaginari.

Cosa trovi su BLUNDER: poesia, in dosi consigliate; scritture complesse; esplorazioni divergenti dalla parola; linguaggi visivi; infine, auspicabilmente, interferenze esterne (leggi: collaborazioni). Per materiali, spazio, confronti: cose@blunder.online.

Cosa non trovi su BLUNDER: critica del testo, piazzamenti librari, diatribe letterarie. Ci sono realtà che interpretano ottimamente quello spazio di lavoro: a dire il vero, con finalità e intenzioni diametralmente opposte a quelle del qui presente (di più al paragrafo successivo).

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BLUNDER, inevitabilmente e purtroppo, è d. b. (vedi in ABOUT). Eventuali inesattezze, revisioni, errata corrige sono tutti a lui attribuibili e di sua competenza.

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Il logo originale del blog plan de clivage, inchiostro su carta, 2011.

BLUNDER non sarebbe potuto esistere senza l’esperienza collettiva (assai 1.0, di nuovo) del blog plan de clivage. Ne celebra, in questo senso, l’estinzione e la contemporanea rimanenza (maggio 2011 – agosto 2015).

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d.b. vi ringrazia per aver letto questo post.

fonte: https://solarsystem.nasa.gov/resources/

536/voyager-1s-pale-blue-dot/

  1. https://solarsystem.nasa.gov/resources/
    536/voyager-1s-pale-blue-dot/ ↩︎
  2. https://solarsystem.nasa.gov/missions/
    voyager-1/in-depth/ ↩︎
  3. (GMT +2:00) ↩︎